MONTE CICERALE

Mons, Monte. Università autonoma fino alla sua aggregazione a Cicerale (1,5 km). Da Salerno 62 km.

Il borgo è una frazione del comune di Cicerale, da cui dista circa 2 km e si trova a 550 metri sul livello del mare. 

Fa parte della Comunità Montana Zona Alento-Monte Stella ed è più vicino alla costa,a soli 15 kilometri dalle spiagge di Agropoli nonostante sorga più in alto rispetto al capoluogo. 

Tradizione vuole che l'origine del nome Cicerale deriverebbe dal latino cicero (cece), o da fundus ciceralis, luogo in cui si coltivano i ceci.

Ad agosto infatti, si svolge una manifestazione gastronomica interamente dedicata a questo prodotto, motivo di attrazione per tanti turisti e per gli abitanti dei paesi limitrofi. Molto viva è la produzione di cereali, uva e olive ed è sviluppato il commercio dei fichi secchi che vengono anche esportati. 

I fichi secchi ricoperti o ripieni di cioccolato rappresentano una specialità di questo territorio.

VEDUTA DEL BORGO

PALAZZO GIAQUINTO

PALAZZO GIAQUINTO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

CHIESA DI SAN NICOLA


Il Mommsen segnala una lapide funeraria romana murata sulla porta di un magazzino, nel cortile del palazzo feudale di Monte, probabilmente proveniente da Velia. Come ho detto altrove, i vescovi di Vallo della Lucania, come i loro predecessori di Capaccio, continuavano a fregiarsi del titolo di signori di Monte, che non apparteneva, però, all'antico feudo ecclesiastico di Agropoli che comprendeva, invece, lo scomparso villaggio di Luculo. 

Di questo abitato è notizia nel verbale della visita pastorale di Lelio Ferro che, nel visitare la cappella di S. Lucia (1 novembre 1589) ubica «Luculi casalis diruti Nobilis feudo antiqui in quo Illmus e Revmus episcopus Caputaquen est baro». Notizia identica nel verbale di santa Visita del vicario de Pace del 1692 a proposito della predetta cappella esistente appunto nell'antico feudo di Luculo «in quo episcopus Caputaquis est baro». Come ho già detto, il feudo vescovile di Agropoli venne venduto da Gregorio XII a re Ladislao (a. 1410) a scomputo del prestito (60 mila fiorini d'oro) che il re aveva concesso al pontefice per assoldare Carlo Malatesta di Rimini e le sue bande. Poi, il feudo di Agropoli passò ai Sanseverino. Tuttavia nel Codice Aragonese del Trinchera vi è una lettera di re Ferrante (5 luglio 1563) che menziona l'esistenza a Luculo di un importante beneficio ecclesiastico da lui promesso a Fabrizio Colonna. Non è da escludere che poi tale beneficio, insieme al villaggio di Monte, fosse stato concesso ai vescovi di Capaccio. Certo è che re Ferdinando II (Ferrantino), figlio di Alfonso II di Aragona, aveva venduto «al magnifico Berlingieri Carrafa, suo maiordomo dilettissimo, pro se et suius heredibus in perpetuum per doc. 5 mila di carolenis argenti», le Terre di Novi e di Gioi, senza avergliene potuto far tenere il diploma per la sua repentina morte. Vi provvide re Federico, successo al nipote, il quale nel 1499 per remunerare Berengario Carrafa gli concesse anche la Terra di Cuccaro e il mero e misto imperio sui villaggi di Laurito, Montano, Massicelle, casale di Monte della baronia di Cilento e la Terra di Magliano. Ma il feudo di Monte dovette poi tornare ai Sanseverino, se questi lo concessero poi (tra il 1509 e il 1511), con Cicerale e Corbellari, a Maramaldo Gentilcore, figlio del fu Lionetto. La Regia Curia vendette poi la giurisdizione delle prime cause ad Andrea Pisanello per 693 denari. In seguito il feudo fu posseduto dalla famiglia Giaquinto, sul quale poi fu concesso ad Antonio Giaquinto il titolo di duca. Di questo barone è poi notizia nel verbale della visita del vicario de Pace (2 luglio 1698). Da Vincenzo Giaquinto, o Jaquinto, che gli successe, il feudo passò per successione materna a Maria Antonia Marotta (m. 29 giugno 1800), madre di Gaetano de Chaves che ne ebbe l'intestazione, per successione, il 27 aprile 1801. In mancanza di maschi a Gaetano successe la figliuola Caterina che ne ottenne legale riconoscimento con sovrano rescritto il 3 ottobre 1853. Per refuta alla Corona, il sovrano, con suo rescritto, concesse il titolo di duca del Monte a Francesco Saverio Marigliano di Agnello, che ne ebbe legale riconoscimento con decreto ministeriale del 20 marzo 1901.

L'Antonini  dice del villaggio e del vicino paese disabitato di Luculo «ambedue di ragione della Mensa Vescovile di Capaccio». Scrive ancora di aver rilevato da un manoscritto che ai tempi di re Carlo I il villaggio di Luculo  era abitato e che fu venduto ad Adamo Maurier per 80 once. 

Il Giustiniani  poco dice dei villaggio e dei suoi abitanti, ma informa dei censimenti successivi al 1489 del «casalis Montis» (65 fuochi, ma 369 abitanti) e del 1508 (fuochi 40: ab. 200). Successivamente vi fu una diminuzione notevole della popolazione per la peste del 1501. Tale diminuzione si accentuò dopo la più grave ed estesa epidemia del 1656. Nel 1669, e cioè 13 anni dopo la peste, gli abitanti erano ancora appena 80 (nel 1648 ab. 225).

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